Itinerari naturalistici
Torrente Romandato
Punto di partenza: Coppa del Monaco
Distanza del percorso: 21.5 km
Salita: 750 m
Discesa: 850 m
Tempo medio per la percorrenza: 6 h
Difficoltà: media-bassa
Posti visitati: Coppa del Monaco, Titolo del Giovanicchio, Coppa d'Antonio, Coppa Santella, Maratea e Bosco di Ischitella.
Luoghi di interesse: Piscina d' Antonio, Cutino Maratea, Masseria Maratea, Romondato, Acqua del Confine, Casolare Masella, Necropoli di Monte Civita
Tra Ischitella e Vico del Gargano, troviamo il torrente Romandato, il quale potrebbe sembrare a prima vista un semplice torrente come gli altri ma, poi ti accorgi che è scavato tra pareti rocciose alte anche fino a dieci metri e con tante piccole sorgenti.
Partiamo da Coppa del Monaco all’interno della Foresta Umbra, il viaggio ci porterà a scoprire tante piscine (cutini) e casolari abbandonati, come quello del cutino di Coppa d'Antonio, una piscina a forma circolare. Durante il percorso ci imbatteremo in paesaggi, monti, piante ed animali al pascolo, e reperti storici archeologici risalenti alla preistoria e all'alto Medioevo.
Continuando il viaggio, troviamo una necropoli a cielo aperto con tombe definite a “bisaccia”, scoperte a Monte Saraceno, a Monte Tabor e in altre località del Gargano.
La necropoli in questione potrebbe risalire tra il V e il IV secolo a.C. In questo tipo di tombe lunghe dai 100 ai 140 cm circa, il defunto era posizionato in maniera fetale. In molte di queste tombe è addirittura possibile vedere il loro interno, altre, invece sono state ricoperte di grosse pietre per evitare di finirci dentro. All’interno di queste tombe venne rinvenuto materiale osteologico e corredo come: collane, ambre e ceramiche.
Ci lasciamo alle spalle questa zona ed arriviamo al bosco di Ischitella. Nella parte più alta, è possibile vedere uno dei panorami mozzafiato, guardando il territorio a 360 gradi. Dopo ciò, iniziamo a scendere, fino ad arrivare nel letto del torrente Romandato, discesa ripida ed insidiosa, a causa delle numerose pietre.
Il torrente ha eroso le pareti della roccia ed ha creato dei veri e propri canyon, le pareti rocciose sono ricche di nodi di selce, che grazie alla sua durezza, la rendevano utile per la creazione di arnesi da lavoro e non solo. Le sorgenti di acqua che arrivano qui ne danno un ulteriore fascino, una di queste è l' acqua del confine, una piccola sorgente che nel corso dei decenni ha eroso la roccia e ha creato dei piccoli percorsi dove l'acqua scorre.
Abbazia Benedettina di Monte Sacro
A nord di Mattinata, c’è il Monte Sacro, la vetta più alta del Gargano a circa 5,3 km di distanza in linea d'aria da Mattinata. Alto 874 metri, formato perlopiù da calcare, appartenente al cretaceo e all'eocene, con tracce di tufo miocenico e pliocenico, ricco di argilla, per cui le rocce sono di colore variabile dal grigio rossastro al rosso oscuro. La zona è molto ricca di querce, pino nero, olmi, cipressi, carpino nero e roverella.
Nel IV secolo d.C., era conosciuto come Monte Dodoneo, consacrato al culto di Giove, così come il famoso Sacello dedicato a Giove Dodoneo nella Grecia settentrionale. Dopo aver celebrato per la prima volta nella Sacra Grotta, in seguito all'apparizione dell'Arcangelo Michele, il Vescovo di Siponto, Lorenzo Majorano, con altri sette vescovi pugliesi, si recò sul vicino Monte Dodoneo, mettendo fine così all'idolo della divinità pagana, dedicando il tempio alla Santissima Trinità. Nel XI secolo, esisteva sul Monte Sacro una cella dipendente dall'Abbazia di Santa Maria di Càlena di Peschici, menzionata per la prima volta in una bolla di Papa Stefano IX. Questa divenne sempre più forte a livello religioso, economico e politico, grazie soprattutto alle donazioni dei visitatori. Cento anni più tardi, la piccola celle ed il Monte Sacro, sono definite abbazia, rendendosi indipendenti dal nucleo di Peschici, nel XII secolo.
La struttura si estende su un'area di 6500 mq circa, con un articolato e complesso fortificato, incastonato in una mirabile cornice paesaggistica. Le mura, sembrerebbero non essere state modificate nel corso degli anni. L’intera struttura, un pregevole manufatto di architettura romanico-pugliese, attribuita forse alla scuola dell'Acceptus, ci portano a vedere l'antica cella, la chiesa, le torri, il chiostro, gli edifici monastici, le mura di cinta, la sala capitolare, depositi e opifici, cisterne ed impianti idrici, strutture difensive. Il complesso abbaziale comprendeva fabbriche, magazzini, il battistero, il chiostro, la Chiesa e il nartece. Diviso in tre vani quadrati da arcate a tutto sesto, a loro volta sostenute da colonne con capitelli a foglie d'acanto, rosette e motivi floreali, il nartece, oggi, è la zona meglio conservata. Su di una semicolonne addossate alla parete viene rappresentato un capitello raffigurante tre aquile ad ali spiegate, i cui artigli trattengono due serpenti dalle teste di drago con le fauci aperte, nel tentativo di addentare della colombe.
Su una parete del nartece vi sono lacerti di affresco, che fanno vedere la Madonna con Bambino e due Santi benedettini. Nei primi due ambienti del nartece ci sono le porte d'accesso, che portano alla prima navata centrale della Chiesa basilicale romanica. Si possono ancora oggi vedere i basamenti delle tre navate della Chiesa, della torre campanaria, alcuni sprazzi della pavimentazione del chiostro, le arcate del refettorio e i muri perimetrali.
Nel 1481 l’abbazia perde di prestigio è diviene disabitata e sarà unita a quella di Siponto.
Oggi è possibile vedere solo le rovine dell'Abbazia Benedettina della Santissima Trinità.
Uno dei percorsi più semplici per raggiungere il Monte Sacro è il sentiero che da Mattinata porta alla vetta.
Bivio Reginella-Località Sagro
Punto di partenza: Bivio Reginella lungomare Enrico Mattei - Vieste
Arrivo: Località Sagro S.S. 89 Mattinata Km 121.7
Distanza del percorso: 14,7 km
Tempo medio per la percorrenza: 6 h
Difficoltà: media
Partiamo dal lungomare Mattei di Vieste, dove potremo ammirare il paesaggio naturalistico del Gargano, dalla costa fino all'entroterra passando in contrade in diverse altitudini.
Dopo soli 500 mt dalla via iniziale (Reginella), il cartello vi indicherà di prendere la prima strada a sinistra, (prima di un centro sociale per anziani) dove inizierete ad incontrare ulivi secolari, che vi porterà al bivio della Chiusa. Continuando a sinistra attraverseremo località Perazzeta, qui ci troveremo difronte fichi, ulivi, fichi d'india e molte altre tipiche piantagioni del posto. A 4,5 km, troveremo la seconda indicazione. Gireremo così a sinistra e continueremo per altri circa 1,5 km, arrivando in località Tomarosso, saremo già immersi nella tipica macchia mediterranea, dove la presenza dell’uomo sarà sempre meno visibile.
Altri 2 km in salita, raggiungeremo la località San Salvatore, posta a 400 m sul livello del mare, caratteristica del posto è la presenza di lastre calcaree, di ulivi contorti, fenomeni carsici come i cutini (vasi che raccolgono acque meteoriche), denominati il primo San Salvatore ed il secondo Lama la Vita e una necropoli Dauna (VI- III sec a.C.). Per vedere sia la necropoli che i cutini, prenderemo la stradina a sinistra dell'indicazione, che è posta a 7,5 km circa dalla partenza, in genere tale strada è chiusa con una catena ma si può scavalcare senza nessun timore o illecito. Troveremo così il primo cutino che si trova a pochi metri dall'inizio della stradina. Continuiamo per altri 500 metri ed inizieremo a vedere i primi resti della necropoli di S. Salvatore, che si presenta molto rovinata e depredata. Non abbiamo molte notizie sulla necropoli ma si ipotizza che lì vi era un piccolo villaggio di allevatori. I resti dei corredi funebri, rinvenuti nelle tombe accanto ai defunti, testimoniano una certa povertà della popolazione del nucleo di S. Salvatore. Proseguendo di 300 metri, troveremo il cutino Lama la Vita.
Da S. Salvatore si può notare Vieste e, quando c'è una buona visibilità, all'orizzonte si vedono anche le Isole Dalmate; a Est il vallone di Baia di Campi con la sua isoletta; a Sud l'esteso bosco di lecci di S. Tecla ad Ovest le alte e boscose colline di Sagro.
Potremmo incontrare in zona anche cinghiali, mufloni, volpi, tassi, corvi imperiali, poiane, upupe e diverse specie di falchi. La mucca Podolica Pugliese, la fa da padrona. Torniamo indietro al cartello 4, giriamo a destra, la strada sarà in discesa. Entreremo nel bosco, fatto di Roverelle, Aceri, Ornelli, Pini ed arbusti, tra cui il Corbezzolo. A fondovalle troveremo il terzo cutino, di qui la strada sale fino alla località Femmina Morta. Tenendo lo spartiacque, raggiungerete località Sagro dove il bosco si fa fitto e colorato.
Qui osserveremo i giganteschi Cerri. Arriviamo così alla fine sulla S.S. 89 al km 122,2 e qui attenderete l'autobus che vi riporterà indietro.
Bivio Bosco Reseghetta-Località Sfinalicchio
Punto di partenza: Bosco Reseghetta S.S. 89 per Peschici Km. 92,4
Arrivo: Località Sfinalicchio S.P. 52 Litoranea Vieste - Peschici Km. 10,2
Distanza del percorso: 5,7 km
Tempo medio per la percorrenza: 3 h 10 m
Difficoltà: bassa
Percorso che si sviluppa tra Vieste e Peschici. Interamente ubicato in una tipica macchia mediterranea con numerosi reperti archeologiche risalenti all'epoca preistorica e protostorica.
Si parte prendendo il viottolo a destra dalla Reseghetta, dove inizierete sin da subito a vedere un bosco misto di Pino d'Aleppo e Cerro. Alla vostra sinistra in alto, ammirare la piccola stazione militare di forma circolare seguito da uno stupendo panorama contornato di colline piene di ulivi che si confondono con il mare. Giunti al bivio, di fianco ad una casa, si andrà dritta, come indicato dalla freccia. Da questo momento il nostro paesaggio cambiare aspetto: ampi spazi verdi aperti, arbusti, ulivi secolari, asfodeli e scille marittime.
Il cartello poi ci dirà di proseguire lungo il crinale della collina, superato un altro bivio. Arriviamo così nella zona dei Ripari Sottoroccia, che risalgono alla fine del Paleolitico superiore tra i 12.000 e 11.000 anni fa. Il nostro percorso è iniziato da circa 4 km.
Alla sinistra dei Ripari troviamo un cartello di segnalazione. I Ripari sono posti 100 mt circa dalla stradina.
Due sono i Ripari: il primo Riparo detto A è una grotta a forma di corridoio, profonda una decina di metri circa; l'altro, invece, è un riparo sotto roccia, con delle incisioni particolari. Le pareti annerite dalla fuliggine, mostrano ancora figure lineari, formate da segni verticali e paralleli ed una formata da più segni. Tali figure lineari rappresentano dei segnetti paralleli a coppie intervallate, un "segno a V" rovesciato con due linee parallele a uno dei due lati esterni, un'altra serie di linee verticali e un motivo parallelo un pò nascosto dal fumo. A poco meno di 500 mt sulla destra, troviamo un cancello che porta ad una vecchia cava dalla quale si estraevano blocchetti di pietra calcarea tenera, il meglio noto Tufo, a destra della cava, sul declivio che guarda a fondovalle, troviamo il Riparo C. La migliore espressione di arte parietale, graffita e incisa, attualmente conosciuta in Puglia. La grotta di medie dimensione, si apre su un profondo dirupo. Le incisioni, sono riconducibili a ere diverse, partendo dal tardo Paleolitico, le quali occupano più della metà della parete di fondo, incise su 3,70 mt isolate o in gruppo, sembrano uno schema, di contenuti più o meno indecifrabile, lineari posti in maniera verticale, parallelo o convergente a "V" a "Y" ed a "X" : il primo complesso di segni posto sulla sinistra include incisioni di forma subtriangolare col vertice rivolto in basso, attraversate longitudinalmente da un segmento verticale; ogni incisioni è affiancata da fusiformi lunghi e stretti, con segni evidenti conosciuti nel Neolitico, che indicano il sesso femminile. Segue una complessa figura isolata con un corpo trapezoidale attraversato da solcature longitudinali. Più in là troviamo quattro figure "a fungo" e subito dopo una ventina di figure nastriformi disposte su due ordini sovrapposti. Segue un collettivo di figure fusiforme profondamente incise. Li vicino troviamo una grande figura, forse un idolo, il cui profilo richiama i contorni di una stele antropomorfa. Nel territorio di Vieste ci sono altri due ripari sulla costa nord, in sequenza collocati a qualche centinaia di metri, chiamati Riparo Ruggieri e Riparo Macchione.
Andando verso la fine del percorso, si va al mare a circa 500 mt, troviamo un altro cartello he ci indicherà un ulteriore sito archeologico. A dieci mt dal sentiero, a sinistra del senso di marcia, nella zona più alta, troviamo quattro Tombe Daune molto poco accessibili incavate nella roccia. Sepolture del VI- VII sec a.C. appartenenti alle popolazioni che vivevano in Capitanata chiamati Dauni.
Riprendiamo il cammino è si arriva ad un punto panoramico sul mare, con molto risalto alla costruzione della Torre di Sfinale, facente parte del sistema di torri, d'avvistamento e difesa, dislocate lungo tutta la costa durante il Viceregno di Napoli, a seguito delle continue incursioni turche dal XV sec sino al trattato di Tripoli. A Vieste furono costruite otto torri, le quali si vedevano l’una con l'altra. La loro costruzione iniziò per ordine del Viceré Don Parafan de Ribera nel 1569.
Altri 500 mt, troviamo un altro cartello che indica l'ultimo Riparo Sottoroccia del sentiero, anch’esso poco accessibile, posto a destra e situato su una parete rocciosa con forte pendenza. La parete del Riparo ha una patina di color giallo-rossiccio e alla cui base troviamo un'incisione geometrica di non facile interpretazione.
Alla fine dell'itinerario troviamo ancora un altro insediamento preistorico, con difficile accesso ed individuazione, denominato Grotta dell'Istrice perché in una prima esplorazione fu rinvenuto il teschio di questo mammifero, oggi estinto sul Gargano. La Grotta è articolata su più ambienti: due camere collegate da un breve passaggio e un lungo corridoio, sulla cui parete di fondo sono a fatica distinguibili rare incisioni.
Località Mergoli – Vignanotica
Partenza: Località Mergoli Provinciale 53 Vieste - Mattinata Km. 1,4
Arrivo: Spiaggia di Vignanotica
Distanza del percorso: 2,5 km
Tempo medio per la percorrenza: 1,3 h
Difficoltà: bassa
Percorso interamente sviluppato lungo la costa. Il sentiero è ben delimitato da una staccionata. Una tabella in legno con su scritto: "Benvenuti nel Parco Nazionale del Gargano" ci fa capire l’inizio del percorso. Durante il percorso visiteremo le due baie più belle del Gargano: Baia di Mergoli e Baia delle Zagare, quest’ultima caratterizzata dai suoi faraglioni sporgenti dal mare. Coste formate da bianchissime scogliere a strapiombo sul mare e da una vegetazione spesso ubicata sui ripidi pendii. La macchia mediterranea è costituita da Pino d’Aleppo (in passato, sottoposto a resinazione) dal Rosmarino, Lentisco e Cisto, e da altre essenze caratteristiche della zona costiera. Troviamo inoltre coltivazioni di ulivo, carrube ed a tratti anche mandorleti. Dopo 2 km di cammino, vedremo la baia di Vignanotica, nota anche come Baia dei Gabbiani per la sua nutrita colonia di gabbiani reali e comuni, un tempo anche nidificatori. Durante il periodo delle migrazioni non è difficile scorgere gruppi di aironi e cormorani in sosta. La spiaggia, in gran parte libera, è costituita da ciottoli e sovrastata da pareti a strapiombo e da un color bianco intenso, le quali donano ombra nelle ore pomeridiane.
Lago di Chiaro, Tomarosso, San Salvatore, Campi
Partenza: Lago di Chiaro
Distanza del percorso: 13 km
Salita: 426 m
Discesa: 410 m
Altezza Massima: 392m
Tempo medio per la percorrenza: 4 h
Difficoltà: media
Posti visitati: Lago di Chiaro, Tomarosso, San Salvatore, Campi
Luoghi di interesse: cutino San Salvatore, tombe San Salvatore, cutino lama la vite
Il percorso è percorribile solo a piedi. Molta attenzione va fatta alla discesa nel punto di arrivo, la quale non ha una vera e propria strada, in alcuni tratti troviamo una fitta vegetazione che potrebbe rende il passaggio molto difficoltoso.
Si parte dal lago di Chiaro, da una stradina che è parallela all'hotel Gargano di Vieste. La strada comincia subito a salire, con larghe vie, senza impedimenti di qualsiasi natura. Il percorso si compone di tragitti da cui è possibile intravedere il mare.
Nel cammino si notano ruderi di fine ottocento inizi novecento ormai in disuso.
Da qui si arriva tramite una zona pianeggiante e salendo si va verso la zona di San Salvatore, nota per la presenza di un centro spirituale ma soprattutto per le tombe risalenti all’età paleocristiana.
La necropoli, è posta su un’ampia distesa di natura selvaggia, sembrando così ancor più imponente.
Forse utilizzata per seppellire la popolazione di ceto basso che viveva in quelle zone. Molte necropoli sono state profanate da tombaroli che pensavano di trovare all'interno importanti reperti archeologici.
I defunti venivano seppelliti in posizione fetale, quindi rannicchiati, per tale motivo molte necropoli erano di dimensioni quadrate.
Anche in questa zona possiamo incontrare un cutino chiamato appunto cutino di San Salvatore.
A differenza di quelli incontrati fin ora, questo risulta in buona stato e pulito.
Il percorso sta per volgere al termine andando verso la discesa, quando saremo attratti da uno dei più grandi cutini visti fin ora. Le dimensioni sono veramente imponenti, tenuto però in cattivo.
Il cutino di lama la vite si trova al di sotto di una zona rocciosa delimitato nella maggior parte della sua zona. Vicino si vedono le rovine di una piccola abitazione in pietra naturale, forse appartenente al custode della cisterna. L'acqua, in quel periodo, era bene prezioso e come tale veniva acquistato dalle popolazioni vicine e dai proprietari di animali.
La discesa ci fa capire che siamo alla fine del percorso arrivando alla zona di Campi.
Zona La Bella - Zona Cortigli
Partenza: Caserma Iacotennete
Altezza massima: 800m
Distanza del percorso: 11,3 km
Salita: 180 m
Discesa: 180 m
Tempo medio per la percorrenza: 2,5 h
Difficoltà: bassa
Posti visitati: Zona la Bella, Cortigli, spazio San Vincenzo, spazio Nardini
Luoghi di interesse: Masseria la Bella, Chiesa dei Cortigli
Il tragitto parte dalla zona alta della Foresta Umbra del Gargano, dalla caserma di Iacotenete, la quale è situata a poco meno di 1 km dal bivio che conduce verso Vico Del Gargano. Qui la vegetazione è molto fitta, dopo alcuni chilometri arriviamo alla Masseria la Bella, ormai adibita, dai pastori locali, a masseria di campagna.
Nella metà dell’ottocento era un’antica residenza appartenuta alla famiglia la Bella originaria di Vico del Gargano. Ricchissima famiglia di Vico, proprietaria terriera in tutto il Gargano.
Nell’interno della proprietà vediamo la bellezza e la maestosità della dimora. È ancora visibile lo stemma di famiglia. Tra le altre forme di splendore architettonico spiccano capitelli sulle colonne delle finestre. Fanno parte della struttura altre due costruzioni a forma circolari, una attaccata al corpo centrale e l'altra, più lontana con ogni probabilità adibita a fienile.
Una discesa ci porta verso la zona di Cortigli. Ci salta all’occhio un muretto di pietra naturale diverso dal quelli visti fin d’ora. E’ formato da due muretti che viaggiano parallelamente formando un corridoio che corre lungo tutta la zona. Utilizzato, forse, per la transumanza degli animali da una zona all’altra.
Anche in questo percorso è possibile notare una cisterna (cutino) di acqua piovana simile a quelli già descritti in altre escursioni. La presenza di vasche di pietra naturale ci fanno ammirare lo splendore considerato che venivano realizzate interamente a mano.
Più ci avviciniamo alla zona Cortigli e più restiamo affascinati dalla bellezza delle distese verdi con animali al pascolo. Giunti nella zona di Cortigli vediamo due costruzioni in pietra antica i "paddjer". Lo stato di conservazione è abbastanza buono, il tetto è ancora integro. Tra le due abitazioni sorge la chiesa di Cortigli. Nella metà dell’ottocento era un punto di riferimento per le abitazioni vicine e soprattutto per la famiglia la Bella e per i contadini. Seppur ora adibita a fienile, è possibile vedere dentro parte dell'altare, una sacrestia, la zona dover era riposto il Santo e un piccolo frammento di marmo rifinito.
Piana delle Castagne, Monte Spigno, Monte Croce
Partenza: Piana delle castagne
Distanza del percorso: 14 km
Salita: 1129 m
Discesa: 390 m
Altezza di partenza: 508
Altezza Massima: 1008
Tempo medio per la percorrenza: 3,25 h
Difficoltà: media
Posti visitati: Piana delle castagne, località Purgatorio, Monte Spigno, Monte croce.
Percorso molto in salita che porta da 744 metri a 1008 metri. Si consiglia di effettuare tale percorso in estate per evitare la neve.
Il tragitto parte da la Piana della Castagna, a circa 10 km dalla città di Monte S’angelo, denominata così per via della massiccia presenza di alberi di castagno.
La strada che porta alla cima della Foresta Umbra nel Parco Nazionale del Gargano, si ricongiunge con la strada del mandrione, risulta cementata quindi facile da percorrere.
La vegetazione risulta molto folta, con alberi di pino nero, della famiglia delle Pinacee.
Camminando arriviamo alla località Purgatorio e si può notare che, man mano che saliamo, la vegetazione diventa meno folta e si notano sempre più massi disposti in maniera alquanto strana. Queste zone vengono sono chiamate zone carreggiate e molti dei massi presenti hanno dei solchi interni. Tra queste alcune spiccano rispetto ad altre: sono frammenti, anche di una certa grandezza, di quarzite.
La strada è sempre più in salita fino ad arrivare ai 1008 mt della vetta di Monte Spigno.
Dopo quasi 800 metri di salita lungo i tornanti, eccoci giunti alla vetta ossia al Monte Spigno, che con i suoi 1008 metri rappresenta la terza cima del Gargano. Fa parte insieme al Monte Calvo 1056 mt e al Monte Nero 1014 mt, dell’importante dorsale montuosa, allungata in direzione est-ovest, che divide la vasta distesa alluvionale del Tavoliere con la parte interna del Gargano. Da qui è possibile vedere le vallati sottostanti, con la massiccia presenza di doline e cutini. Doline è un termine di origine slovena che significa piccola valle.
Nello specifico sono conche formate dalla corrosione delle rocce calcaree da parte delle piogge e in altri dal cedimento della volta di cavità ipogee. Hanno un diametro medio di 60-80 metri, mentre la forma è in genere subcircolare o ellittica, in sezione presentano profilo variabile a imbuto, a ciotola, a piatto o a pozzo. In molti casi presentano un canale verticale, l'inghiottitoio, per il deflusso delle acque in profondità.
Più saliamo è più doline troviamo, secondo alcuni studiosi questo fenomeno sarebbe legato all'azione delle acque provenienti dallo scioglimento delle nevi durante gli ultimi periodi glaciali, che avrebbero provocato una maggiore dissoluzione della superficie carsica. Nel corso dei millenni le doline sono state utilizzate per vari scopi. Uno di questi è rappresentato dalle neviere. All’interno delle cavità delle doline, veniva raccolta e pressata la neve, dopodiché venivano ricoperti di fogliame e la neve veniva riutilizzata per tutto l’anno per vari usi resistendo anche alle alte temperature.
Per tenere gli animali lontani, le doline venivano delimitate da muretti di pietra a secco. Nei pressi delle neviere si notano piccola abitazione, anch’esse in pietra, utilizzate forse dai guardiani.
Attraverso una discesa lunga, arriviamo al Monte Croce a alla fine del nostro percorso.
Caritate, Sfilzi, Casalini, Baracconi
Partenza: Caritate
Altezza di partenza:280
Altezza Massima:730
Distanza del percorso: 16,8 km
Salita: 526 m
Discesa: 540 m
Tempo medio per la percorrenza: 4 h
Difficoltà: media
Punti visitati: Caritate, Sfilzi, Casalini, Valle dei Passi Sbagliati, Baracconi
Luoghi di interesse: Fontana di Sfilzi, Caserma di Caritate
Si parte dalla zona di Caritate. Il paesaggio è quello tipico della Foresta Umbra, vegetazione folta di alberi di faggio e quercia. Sul terreno troviamo il Pungitopo Garganico e Agrifoglio. Entrambe hanno la particolarità di possedere in determinati periodi dell'anno, dei frutti rossi non commestibili di forma circolare. Per via delle loro palline rosse che nel periodo natalizio viene utilizzata per decorare ed addobbare.
Entrambe le specie sono protette ed è quindi vietato calpestarle, tagliare o estirparle. Lungo il percorso notiamo subito un'altra pianta erbacea, che potrebbe sembrare la pianta di finocchio ma invece è la Ferula, volgarmente conosciuta come Finocchiaccio o Ferla. La Ferula in primavera, alla fioritura si allunga fino a 3 m. Le foglie sono lunghe 30-60 cm e più. I fiori sono riuniti in numerose ombrelle, la centrale a 25-40 raggi, le laterali più piccole. Fiorisce in maggio e giugno. Si arriva così alla zona di Sfilzi, costituita da una parte di riserva integrale, all'interno della quale non sono ammesse attività di nessun tipo, ad eccezione della ricerca scientifica. Particolare attenzione viene posta alla Fontana di Sfilzi risalente alla fine del 700, una pietra posta al centro ci dice la data esatta di costruzione 1796. La Fontana, è costituita da una serie di rientranze nella roccia da cui sorge l’acqua, che arriva poi in una vasca sottostante, nella quale è possibile notare la presenza di un anfibio della famiglia Salamandridae, meglio conosciuto come Tritone.
Si pensa che la fontana venne costruita da eremiti che colonizzarono la zona, veniva utilizzata come fonte primaria di acqua, mentre un’altra tesi dice che furono dei monaci Benedettini a costruirla.
In zona troviamo anche la pianta della Felce specie protetta del Gargano. Le felci possiedono foglie vere e proprie (megafilli) a lamina intera o spesso pennata, denominati "fronde". Le fronde sono provviste di numerose nervature e, nello stadio giovanile, si presentano arrotolate all'apice. Queste piante sono cormofite, ovvero, piante già evolute costituite da un fusto, delle vere radici e foglie, e posseggono un sistema vascolare.
Ci troviamo così difronte un ponticello di legno, ormai quasi del tutto inutilizzabile, che ci fa capire che siamo in zona di Casalini. Qui troviamo la prima delle due salite circa 200 metri, costeggiata da una staccionata di legno che rende nulla la sua pericolosità dovuta a uno strapiombo.
Fatta la salita si giunge sulla strada statale che conduce verso Vico del Gargano. Dopo aver abbandonato la strada statale, ci avviamo verso la zona di Baracconi, che percorsa fino alla fine conduce alla parte alta della Foresta Umbra.
Ed eccoci arrivati alla Valle dei passi sbagliati ("vall de mal pass") nominata così per via della sua pericolosità e scivolosa.
Anche qui vediamo una cisterna per la raccolta di acqua piovana molto più profonda delle altre. Camminando verso la fine del percorso possiamo osservare la menta selvatica. Nella discesa finale che ci riporta nella zona di Caritate ci si imbatte nell'ultimo punto di interesse la Caserma di Caritate risalente al fine 800.
Questa struttura, appartenente inizialmente alla Famiglia Forqet, nel 1919 è stata acquistata dalla ex Azienda di Stato per le foreste demaniali (ASFD).
Una leggenda dice che Forqet, generale dell'esercito di Napoleone, abbia sposato la figlia di una nota famiglia di Vico del Gargano, la Bella. Girovagando per la Caserma si possono distinguere: un primo stabile forse destinato a magazzino o cantina la Villa, costituita da una torre circolare, che sicuramente doveva essere adibita a zona notte, da una parte rettangolare una piccionaia sempre circolare una piccola costruzione con forno a legna una piccola casa forse utilizzata dalla servitù ed una stalla. Nella zona sottostante si possono notare dei terrazzamenti, in cui probabilmente c’era il giardino e l’orto di famiglia.
Valle del Pozzillo, Baracca, Roccia della Gatta, Coppa Fusillo e Compromesso
Partenza: Valle del Pozzillo
Altezza di partenza: 508
Altezza Massima: 780
Distanza del percorso: 14,8 km
Salita: 476 m
Discesa: 456 m
Tempo medio per la percorrenza: 4 h
Difficoltà: media-bassa
Posti Visitati: Valle del Pozzillo, Valle dei Fulmini, Pietra appesa, Valle San Michele, Zona Baracca, Roccia della Gatta, Gravaglione, Iacotenente, Tre confini, Coppa Fusillo, Pozzo del Diavolo, Zona del Compromesso, Parco Simone
Luoghi di interesse: Cisterna del Pozzillo, Cisterna di San Michele
Il tragitto ha inizio dal bosco di Vieste nel Parco Nazionale del Gargano, zona del Pozzillo, per poter arrivare qui bisogna percorrere circa 16 km della statale 89 o la strada interna per Mattinata.
Il luogo è costituito da una grande vallata, con dei canali, che durante le forti piogge, raccolgono le acque di molte coline circostanti formando dei veri e propri corsi d’acqua temporanei. A fondo valle sono poste delle barriere di legno che eviteranno che i detriti, trasportati dalla forza dell’acqua, creino dei danni lungo la strada.
Il percorso continua in salita, portandoci verso la Cisterna del Pozzillo. Una delle molteplici cisterne presenti nel territorio del Parco Nazionale del Gargano, utilizzate per la raccolta dell’acqua piovana. Qui si possono vedere ruderi delle Paddjer abitazioni in pietra naturale, utilizzate come case, man mano che la civiltà si è spostata verso il paese sono state usate sempre meno. Dopo gli anni 60 vennero utilizzate sempre più raramente, visto che si abbandonava il lavoro di campagna per fare quello in paese.
Il viaggio prosegue alla volta della Valle dei Fulmini (in dialetto iazz saetton), cosi chiamata per la presenza di molti alberi decapitati dai fulmini per poi arrivare alla zona della pietra appesa (pret appes).
Al termine di una piccola salita vedremo una abitazione in pietra naturale a secco (paddjer) molto piccola. In realtà vedremo solo una parte delle mura perimetrali. Proseguiamo fino alla valle di San Michele dove troveremo un ulteriore cisterna, chiamata Cisterna di San Michele.
Le Carbonaie (catuzz) venivano utilizzate per la generazione di carbone da legna. Dopo una preparazione accurata della legna preferibilmente di faggio, ma solitamente andava bene anche l’abete, il larice, il frassino, il castagno, il cerro, il pino, che venivano ricoperti dalla terra lasciano in alto uno canale di uscita. Veniva appiccato il fuoco, il quale asciugava l’acqua presente nella legna per poi trasformarsi in carbone.
Si prosegue alla volta di zona Baracca e tramite una discesa molto insidiosa arriviamo ad una cisterna, restaurata di recente.
Di qui passiamo alla Roccia della Gatta (murg del la gatt) cosi chiamata perché nelle rocce vi sono degli evidenti segni, attribuiti ai graffi dei gatti.
Costeggiando la zona di Gravaglione arriviamo alla zona dei Tre confini, dei territori di Monte S’Angelo, Mattina e Vieste. Si arriva infine a Coppa Fusillo.
Tra le altre zone visitate abbiamo il Pozzo del diavolo (puzz du diavl) e la zona del Compromesso. Si dice che in questa zona fu firmato il compromesso tra i briganti che risiedevano in questa zona e lo Stato. Infine il percorso si conclude con Parco Simone dal nome del proprietario della zona.
Durante il percorso specie lungo la zona del compromesso è possibile vedere molti alberi tra cui, quercia, acero, leccio e faggio ma è possibile ammirare i fiori di zafferano, il cui pistillo una volta sbocciato viene seccato e la cui polvere è appunto lo zafferano.